Daghe l’aiga ae corde, nel grande silenzio che regnava in Piazza San Pietro, si levò la frase urlata in lingua ligure dal capitano Benedetto Bresca che con tutta probabilità salvò l’operazione di sollevamento dell’obelisco Vaticano, capitanata dall’architetto ticinese Domenico Fontana.
Nel 1586 papa Sisto V aveva deciso di far trasferire ed erigere in Piazza San Pietro l’obelisco gigante che l’imperatore Caligola aveva fatto giungere dalla città di Eliopoli e che era stato collocato nell’allora estremità del Circo di Nerone.
L’impresa era estremamente complessa e avrebbe messo in difficoltà anche le moderne aziende di sollevamento, figuriamoci a quell’epoca!
Del lavoro venne incaricato il ticinese Domenico Fontana, ingegnere e capomastro del Vaticano. Si trattava di rimuovere dalla sede l’obelisco del peso di 344 tonnellate, posarlo a terra, spostarlo di 256 metri e poi nuovamente sollevarlo nella sua collocazione finale. Il tutto, naturalmente, senza provocare alcun danno.
Il ticinese passò molte notti insonni e per settimane macinò calcoli su calcoli finché il 28 di aprile, finalmente, le operazioni iniziarono. Nell’impresa erano ingaggiati 907 uomini, 75 cavalli, 40 rulli e un’enorme gru a portale dell’altezza di 27 metri. Il Fontana ben descrisse il suo lavoro nell’opera da lui scritta: “Il trasporto dell’obelisco Vaticano”.
Ad ogni argano erano assegnati un certo numero di uomini e di cavalli e i dodici carpentieri che operavano sotto l’obelisco erano stati dotati di un primitivo casco. Dopo mesi di lavoro, finalmente, il 10 settembre 1586 fu dato il segnale per l’innalzamento dell’obelisco.
Per questa operazione erano sul posto 800 uomini e 140 cavalli. Il momento era talmente teso che agli operai ed alla folla presente era stato dato l’ordine di non fiatare, pena la morte!
Sul posto per dissuadere eventuali esagitati era presente anche il boia e la forca. Durante le operazioni finali di sollevamento, le funi di canapa iniziarono a surriscaldarsi pericolosamente. Il rischio che prendessero fuoco era elevato e fu allora che Benedetto Brusca, ligure, che ben conosceva i rischi legati al riscaldamento delle funi a seguito della frizione degli argani emise il famoso grido. Subito le corde vennero bagnate ed il rischio mitigato. Dapprima tratto in arresto, il Brusca venne in seguito rilasciato e ricompensato direttamente da papa Sisto V
Il successo di questa operazione spinse nei due anni seguenti a spostare altri due obelischi, entrambi a Roma, uno del peso di 510 tonnellate e uno del peso di 263 tonnellate. Il libro del Fontana, con le sue descrizioni minuziose dell’operazione pose le basi per la buona riuscita dei lavori che seguirono.
Nelle prossime puntate, lasceremo i tempi antichi per spostarci nell’epoca della rivoluzione industriale, parlando naturalmente, sempre di gru.